Partecipazione dei giovani
e valutazione del potenziale di cittadinanza dei progetti educativi
Che cosa é la partecipazione
«Partecipazione é il processo di appropriazione di potere - lo sviluppo delle capacità individuali e collettive della gente di migliorare la propria esistenza e di conquistare un sempre maggiore controllo sul proprio destino» (UNICEF, 1990 p. 6)
Che cosa significa di partecipazione per i bambini? Possono condividere a tutte le età in parti eguali, il potere nel prendere decisioni come gli adulti?
Come e quando i bambini ed i ragazzi possano avere diritto a decidere é un argomento di cui si discute molto.
Di certo i bambini hanno diritto ad avere un’infanzia, ma non si può sperare che diventino improvvisamente responsabili e capaci di partecipare all’età di 16, 18, o 21 anni senza che prima a loro sia mai stata data una sola occasione di praticare le abilità e le responsabilità connesse al compito.
Di solito il grado di opportunità che un ragazzo ha di collaborare nella quotidiana gestione della vita familiare o del rione in cui abita o delle istituzioni é un riflesso delle occasioni di partecipazione che agli adulti vengono date nella società: la partecipazione dei bambini, dipende della partecipazione di tutti.
Se migliora la partecipazione dei bambini può migliorare tutta la società.....
Bisogna incoraggiare le famiglie a lasciare più spazio al coinvolgimento dei bambini e questo é utile anche per la creazione di una società con maggiori opportunità ed eguali diritti per tutti.
Per coinvolgere i ragazzi il principio fondamentale é la motivazione: i ragazzi possono pensare e gestire progetti complessi se li sentono propri. Se gli scopi del progetto non sono almeno in parte ideati dai ragazzi stessi, questi ultimi non riusciranno a manifestare interamente le competenze che hanno. Il coinvolgimento produce motivazione, che produce competenza, che a sua volta produce motivazione per altri progetti.
(liberamente tratto dal Progetto di Partecipazione degli Adolescenti dell’UNICEF diretto dal prof. Roger Hart - 1992)
Scala della partecipazione giovanile
Uno strumento di misura per la cittadinanza giovanile
“Con i miei ragazzi ho un rapporto bellissimo” così il bravo educatore, l’insegnante militante, l’operatore sociale impegnato, senza alcun senso del ridicolo, senza che li sfiori l’idea che una simile affermazione dovrebbe essere pensata e pronunciata solo dai ragazzi che tanto li amerebbero è come una dichiarazione programmatica dell’autoreferenza.
L’autoreferenza è una grave e pervicace malattia professionale di tutti coloro che lavorano con i giovani ed i giovanissimi. L’unica cura possibile è che i giovani possano avere in mano gli strumenti di valutazione della efficacia partecipativa del lavoro degli adulti. Il buon educatore è quello che riesce a mettere i propri ragazzi in condizioni di separarsi da lui. Un educatore del calibro di Andrea Canevaro anzi afferma che l’educazione e l’apprendimento avvengono in funzione della separazione: se non fossimo destinati a separarci apprendere l’uno dall’altro sarebbe superfluo.
Misurare - non esito a usar e un verbo inviso ai cultori della attività educativa come attività troppo complessa o nobile per essere valutata – il grado di autonomia raggiunto è quindi un dovere professionale per qualsiasi educatore e dovrebbe essere la norma di chi decidendo l’impiego di notevoli risorse pubbliche dovrebbe assicurasi che queste siano impiegate efficacemente.
La scala di partecipazione che segue è stata elaborata nel 1991 da Roger Hart un professore inglese che ha lavorato negli slum di New York per conto dell’UNICEF e credo che sia uni degli inventori dell’espressione ‘maestri di strada’ e comunque uno che lo ha sperimentato tra i primi. La versione che ne propongo è stata modificata in funzione del contesto in cui operiamo e può essere ulteriormente modificata e migliorata e dovrebbe diventare uno strumento di autovalutazione molto importante per ogni iniziativa rivolta ai giovani.
Una scala empirica a otto livelli
1. Manipolazione
Chiamo il primo gradino della scala Manipolazione. A volte gli studenti sfilano con cartelloni di protesta senza neppure essere stati adeguatamente informati dei motivi della protesta
Manipolazione é quando i giovani sono consultati, ma poi non c’é nessun riscontro al parere da loro espresso. Molti concorsi di ‘idee, temi, disegni sono di questo tipo. I giovani sono chiamati anche in una manifestazione conclusiva del concorso, ma poi nulla sanno di come si tiene conto delle loro proposte.
2. Decorazione
Il secondo gradino della scala si riferisce a quelle occasioni piuttosto frequenti in cui ai giovani viene proposta la partecipazione ad un evento ma hanno scarsissima conoscenza di ciò che avviene e nessun diritto di parola nell’organizzazione dell’evento.
In molte trasmissioni televisive e anche in eventi politici, la presenza dei giovani è esplicitamente decorativa: servono per ‘abbellire’ i progetti degli adulti e non per sé.
3. Partecipazione simbolica o di facciata
Potrebbe essere il modo di definire le occasioni in cui i giovani partecipano ad eventi politici. Gli organizzatori scelgono con cura dei bei giovani, che si presentano bene, li fanno sedere al tavolo dei relatori senza che ci sia alcuna preventiva consultazione dei loro pari, che si suppone essi rappresentino. Non si da alcuna spiegazione ai presenti o ai giovani stessi dei criteri in base ai quali é avvenuta la selezione e non é chiaro di quali giovani essi rappresentino il punto di vista. Questo non significa che i giovani non possano essere seriamente e genuinamente coinvolti. Se questi avvenimenti sono organizzati in modo partecipativo e i giovani riescono a prendere confidenza con i mezzi di comunicazione si può anche trattare di esperienze valide.
4. Informati ed investiti di un ruolo
E’ la prima categoria di vera partecipazione. Affinché un progetto possa essere valutato come partecipativo deve avere molti requisiti:
I giovani comprendono le finalità del progetto
Essi sono a conoscenza delle persone che hanno deciso di coinvolgerli e del perché lo hanno fatto
Essi hanno un ruolo significativo e non decorativo
Essi si impegnano volontariamente sul progetto DOPO averlo conosciuto e capito
L’esempio più facile da fare é proprio quello di una conferenza perché si tratta di solito di un contesto in cui il coinvolgimento dei giovani é decorativo o manipolativo o di facciata.
In alcune conferenze (Il convegno Internazionale Una Chance per la città) abbiamo coinvolto i giovani allievi di corsi di formazione, perché si parlava di loro e dei loro problemi poteva essere una occasione per farsi veder e per dire a tutti i presenti che la loro partecipazione non era solo quella di utenti, ma anche di potenziali lavoratori e collaboratori. I comportamenti dei giovani in quella occasione fu di grande responsabilità e correttezza e molto diverso da quello tenuto prima e dopo la conferenza: significa che erano stati sufficientemente investiti e motivati.
5. Consultati ed informati
Descrive quelle situazioni nelle quali i giovani diventano i consulenti degli adulti in un modo che é molto dignitoso. Il progetto é elaborato e gestito dagli adulti ma i giovani capiscono il processo e le loro opinioni vengono considerate molto seriamente. Un esempio può essere quello di un corso per grafici pubblicitari che elabora il materiale pubblicitario relativo al progetto in corso e lo propone quale strumento di reclutamento futuro del progetto che in effetti è stato deciso dalla scuola e non da loro.
6. Iniziativa degli adulti, decisioni condivise
Questo sesto livello indica una vera forma di partecipazione perché sebbene i progetti siano ancora iniziati dagli adulti, le decisioni sono prese con la condivisione dei giovani. Ne è un esempio il Progetto G-BUS che è stato pensato dagli adulti, ma che viene sviluppato e modificato consultando i giovani che poi dovranno usarlo.
Molti progetti comunitari non sono destinati ad un uso specifico da parte di una determinata fascia di età, ma sono destinati ad essere utilizzati da tutti. Ne consegue che, invariabilmente, é il gruppo più potente (dai 25 ai 60 anni in molte nazioni industrializzate) a dominare il processo di partecipazione.
In questi casi è importante trovare modalità di comunicazione e di partecipazione che favoriscano la part5ecipazione piena di queste categorie. Per esempio i corsi genitori che venivano promossi a fine degli anni 80 non prevedevano alcuna forma di aiuto a questi stessi: ne conseguiva che le condizioni della partecipazione negavano lo scopo per cui la partecipazione era richiesta. Quando si sono incominciate a organizzare forme di intrattenimento dei bambini, parallele allo svolgimento delle attività formative, la partecipazione ha fatto un balzo in avanti quantitativo e qualitativo: il modo stesso del s corso insegna un approccio diverso ai servizi.+
7. Progettato e diretto dai giovani
Noi tutti possiamo pensare a dozzine di esempi di progetti concepiti e realizzati dai giovani quando agiscono liberamente. Quando le condizioni lo permettono i giovani ed anche i bambini possono lavorare in grandi gruppi e in modo cooperativo. E’ più difficile, comunque, trovare esempi di simili attività libere al servizio di altri; la partecipazione di giovani a progetti di comunità di solito é una risposta a progetti pensati da adulti e gli adulti non sono attenti a rispondere alle iniziative proprie dei giovani e assai raramente si pongono il problema di incoraggiare simili iniziative. Se gli adulti lasciano i bambini o i giovani completamente soli a disegnare o dipingere un murale o la loro camera della ricreazione o una struttura si tratta di attività veramente progettate dai giovani, ma anche in questo caso é molto difficile che gli adulti non giochino un ruolo direttivo.
8. Progetti pensati e gestiti dai giovani nei quali vengono coinvolti gli adulti
Di solito esempi del livello più alto di partecipazione si trovano solo con i ragazzi più grandi: progetti pensati e gestiti dai giovani nei quali vengono coinvolti gli adulti.
Un esempio tipico può essere proprio quello dell’educazione sessuale. Molte giovani donne coinvolte nelle attività formative e nei progetti di recupero educativo, restano incinte e lasciano le attività. Generalmente la cosa viene percepita e giudicata come ‘incidente’ e si moltiplicano le iniziative per mettere queste giovani donne in condizione di evitare gravidanze indesiderate. In realtà si tratta spesso di gravidanze fortemente desiderate e quindi di un progetto di vita che diverge da quello degli educatori. In questo caso se vogliamo rispettare il progetto della giovane donna dobbiamo accettare che l‘esperto che essa deve consultare non è quello che le consente di evitare la gravidanza, ma quello che la aiuta a portarla a termine e ad accogliere adeguatamente il nuovo nato. Possiamo poi certamente sviluppare riflessioni e fornire indicazioni che aiutano lo sviluppo di una genitorialità responsabile, ma in primo luogo dobbiamo accettare le scelte compiute. Si tratta di un esempi certamente abbastanza atipico di ‘progetto’ giovanile tuttavia serve a sottolineare che il rispetto per il pensiero e la gestione dei giovani non è affatto pacifico o esente da disagio per gli adulti responsabili che hanno fatto scelte di vita diverse da quelle operate dai giovani.
Da dove cominciare (Roger Hart)
La scuola, in quanto parte integrante di una comunità, dovrebbe essere il luogo più ovvio per promuovere esperienze di partecipazione democratica dei giovani. Molti grandi pedagogisti lo hanno capito, ma in pratica succede di rado. Mentre ci sono molte affascinanti scuole esperimentali nel mondo, non c’é una sola nazione nella quale si adotti su vasta scala la pratica della partecipazione democratica nelle scuole.
Una delle ragioni principali sembra essere il fatto che le scuole, in quanto luogo di socializzazione secondaria, debbono garantire la stabilità, e questo viene normalmente inteso come la necessità di preservare metodi autoritari conservatori.
Anche in nazioni democratiche come gli USA, la democrazia si insegna in modo astratto e sulla base di riferimenti storici. La pratica dei principi democratici, persino nelle scuole superiori é limitata significativamente alla elezione dei rappresentanti di classe che faranno parte dei consigli scolastici solo a titolo consultivo. Per la maggior parte degli amministratori scolastici la democrazia nelle scuole é sinonimo di crollo delle regole e di anarchia!
Sia nelle scuole, nei circoli giovanili che nella famiglia un comportamento corretto non é solo una questione di più regole o meno regole, poiché tutta la società ha bisogno di bambini che comprendano e rispettano l’esigenza di avere delle regole. Il punto importante per la scuola come per la famiglia é il modo in cui le regole sono costituite e anche se queste regole sono o meno esplicite ai bambini. Lawrence Kohlberg, che ha dedicato molto del suo impegno ai problemi dell’educazione morale nelle scuole, afferma che il ‘curriculum nascosto’ di autorità nelle scuole deve essere trasformato in un curriculum di giustizia nel quale i diritti degli studenti come pure quelli degli insegnanti siano presi sul serio.
Il valore della giustizia deve essere predominante rispetto all’autorità dell’adulto e i problemi che si devono affrontare attraverso la discussione. Se non si mette a fuoco questo problema dell’autorità é evidente che i bambini sperimenteranno una democrazia simulata in classe e la struttura tradizionale della scuola basata sull’autorità dell’insegnante e sul governo autocratico rimarrà intatta.
Dobbiamo rapportarci ai governi e alle autorità educative per cambiare il loro concetto della scuola. Oggi essi temono troppo che la pratica della democrazia faccia loro perdere il controllo. Mentre siamo impegnati in questo lungo e difficile processo, dobbiamo continuare a lavorare con le organizzazioni non governative che in tutto il mondo stanno sperimentando esempi lodevoli di partecipazione dei bambini.
Da ultimo dobbiamo raggiungere la famiglia in quanto essa é il contesto primario nel quale si possono sviluppare le capacità dei bambini a partecipare e il senso di responsabilità sociale. D’altra parte la famiglia é molto più difficile da contattare in modo diretto.
I genitori possono essere influenzati da concreti esempi delle capacità che i propri figli mostrano. E’ necessario quindi sempre coinvolgere i genitori nei programmi di comunità o scolastici basati sulla partecipazione.
Sarà difficile ottenere questo coinvolgimento se i genitori stessi non hanno una opportunità di contribuire al progetto. I programmi per bambini offrono una opportunità eccellente per rompere l’attuale situazione di alienazione della gente dalla propria comunità. Se sono ben condotti questi programmi possono permettere ai bambini di diventare catalizzatori del cambiamento.
Abbiamo bisogno di progetti di comunità nei quali i bambini e i loro genitori si offrano reciprocamente le energie ed i punti di vista specifici delle rispettive generazioni.
Una collaborazione produttiva tra i giovani e gli anziani potrebbe essere il nucleo centrale di una società democratica che voglia migliorarsi crescendo su se stessa e creando continuità tra il passato, il presente e il futuro.
Roger Hart - La partecipazione dei bambini: dalla partecipazione apparente all’acquisizione di una vera consapevolezza. Pubblicato da International Child Developement Centre dell’UNICEF. |