Luoghi del desiderio e dell’estasi:
La città ed il libro Cesare Moreno. -
Ottaviano 28 maggio 1996 – Pubblicato nel volume I Percorsi del Desiderio - ASL Napoli 4 e ITC Einaudi di S. Giuseppe Vesuviano.
Il titolo di questo convegno mette in campo argomenti che hanno importanza cruciale per l’educazione, e più in generale per riflettere sul senso del nostro vivere sociale; tanto più importanti in quanto vedo presenti in sala molti giovani studenti. Chi vi parla é un insegnante elementare che da due anni si occupa dei problemi connessi al successo formativo, e sembrerebbe entrarci poco con l’argomento trattato. Viceversa é per me un occasione particolarmente felice per trattare il tema che mi impegna da anni, da un punto di vista che permette di affrontare in modo diretto quello che ritengo essere il cuore del problema educativo: il rapporto tra motivazione ed apprendimento, tra sentimenti e conoscenza, tra cultura e vivere sociale. Sono io stesso ad aver scelto come tema: estasi, desiderio, la città ed i libri, per stabilire in modo sintetico un legame tra cose che sembrano molto distanti.
ESTASI
Ogni parola rappresenta un ponte tra mondi diversi, e spesso é illusorio ritenere di parlare della stessa cosa solo perché si usa la stessa parola. Certamente voi avete conosciuto la parola estasi innanzi tutto attraverso il gergo giovanile ed in particolare dal nome di una droga detta appunto extasis. Ma questa parola viene da molto lontano ed é nata addirittura nell’esperienza religiosa dei mistici: significa uscire fuori da sé. Il significato che vi viene comunicato associando la parola estasi ad una droga é quindi sostanzialmente quello giusto. Ma cosa può esserci in comune tra l’esperienza di una droga e quella di un mistico?Intanto vorrei farvi riflettere sui molti significati che diamo all’espressione ‘fuori di sé’ nel linguaggio comune: significa impazzire, essere ‘fuori di mente’, ‘fuori di testa’ ‘ perdere la testa’. Si impazzisce e si perde la testa nel senso di scimunirsi, ma anche nel senso di riempirsi di un sentimento: si impazzisce di gioia, di dolore, d’amore; e sapete anche che tra lo ‘scimunirsi’ e l’innammorarsi esistono molti punti di contatto. Insomma si usa la stessa espressione per cose opposte tra loro, ma si scopre anche che c’è una certa mescolanza tra queste cose. Così come può esserci una certa mescolanza tra l’antico ed il nuovo significato della parola estasi.Secondo il dizionario estasi é "supremo stato della conoscenza", lo stato dell’anima rapita nella contemplazione di Dio. Forse avrete appreso, attraverso la storia dell’arte, (se no non mi riesce di ricordare in quale altra occasione potreste averne sentito parlare), che Santa Teresa d’Avila, era proprio una santa ‘specializzata’ in estasi: c’è una famosa scultura del Bernini che é appunto l’estasi di Santa Teresa, e forse avendo presente quella scultura potreste già immaginare che cosa sia l’estasi. Teresa stessa dice che nell’estasi si sente la presenza di Dio "nè con gli occhi della testa nè con gli occhi del cuore": né con i sensi né con l’emozione, ma semplicemente si sente "così senza bisogno di alcun artifizio, si mostrano, come due amici il loro vicendevole amore. Quaggiù due persone che abbiano l’intelletto sveglio e che sappiano molto, si intendono fra loro solo a guardarsi, anche senza parole nè- segni. Una cosa simile avviene qui: questi due amanti, l’anima e Dio, si guardano fissi fissi , senza che noi possiamo saper come. Come nel Cantico dei Cantici lo Sposo parla alla Sposa, così mi sembra che sia e che ho sentito che avviene qui."Vedete che c’è il riferimento ad un brano biblico che é il prototipo di una metafora - ma é poi vera metafora? - che stabilisce un parallelo della conoscenza tra sposo e sposa, tra l’anima e Dio. Vedete quindi che c’è un rapporto tra cose che sono sperimentate da tutti noi e cose che sono state sentite solo da persone eccezionali ed in situazioni eccezionali: queste persone possono aiutarci a capire meglio noi stessi e la nostra esperienza, e voglio farvi notare, che noi possiamo ancora comunicare con queste persone attraverso i libri che ci hanno lasciati; dei libri parlerò dopo.C’è un’altra persona, il Maestro Eckart, che ha scritto ancora prima di Teresa, nel 1300, il quale spiega in modo analogo come si possa arrivare al sentirsi tutt’uno con Dio: "E’ come si é già detto dell’esser vuoto e della nudezza: quanto più l’anima é libera e spoglia di ogni cosa creata e vuota di tutto ciò che non é Dio, tanto più puramente essa afferra Dio ed é in Dio, una con Dio e vede Dio da viso a viso, non in un’immagine o come un oggetto. Altrettanto io dico della somiglianza e dell’ardore amoroso: quanto più uno é simile all’altro tanto più velocemente e impetuosamente gli corre dietro e tanto più dolce e deliziosa é la sua corsa; quanto più si allontana da sé stesso diventando sempre più dissimile da sé ... tanto più diventa simile a quello a cui tende e verso cui si affretta". La ‘nudità’, spogliarsi da se stessi, sentirsi deserti é un altro tema ricorrente nei mistici e nei contemplativi, nei profeti fin dai tempi biblici, quando l’esperienza del deserto rappresentava anche in senso fisico un passaggio importante per incontrare Dio.Le parole citate non sono altro che la descrizione di come ci si perda, si perda la testa di cui abbiamo parlato all’inizio.Il ‘perdere la testa’, il desiderio di perderla, non é quindi un desiderio insano, se addirittura é stato possibile che le persone ritenute migliori e sante, abbiano costruito la propria santità proprio sulla capacità di perdersi e ritrovarsi trovando al tempo stesso l’appartenenza ad una realtà che va oltre l’individuo.Se oggi la capacità di perdersi non viene più apprezzata é perché il bisogno umano di sentirsi parte del creato, questo bisogno che in genere si esprimeva e si esprime in forme religiose, non trova più risposta nella vita sociale, e specialmente i giovani che si affacciano al mondo con occhi nuovi, finiscono per perdersi attraverso scorciatoie chimiche che non ammettono ritorno, che rendono difficile il ritrovarsi. Ho parlato di queste cose quindi per invitarvi a riconoscere meglio i vostri sentimenti, i vostri bisogni profondi, senza vergogna perché solo dalla accettazione e dal riconoscimento é possibile trovare una strada positiva.
Conoscenza
Ma cosa c’entra questo con la conoscenza e con lo studio scolastico.Nella definizione tratta dal dizionario si dice che l’estasi é ‘stadio supremo della conoscenza’, come se la conoscenza si svolgesse secondo una graduatoria che va dal basso all’alto. Questa idea gerarchica, ancora molto forte, finisce per dividere gli uomini e considerarli diseguali in rapporto ai ‘gradi di conoscenza’ a cui hanno accesso. Vorrei farvi vedere invece che ciascun tipo di conoscenza é necessario allo sviluppo dell’altra e che non é possibile stabilire gerarchie.Leggiamo le parole di un grande scienziato della nostra epoca: Albert Einstein. Credo che anche le persone meno istruite ne abbiano sentito parlare; si tratta di uno scienziato che ha rivoluzionato le idee scientifiche del nostro secolo, che ha elaborato teorie che sono alla base di moltissimi dei progressi scientifici del nostro tempo. Molti altri hanno detto cose simili a quelle che sto per citare, ma ho scelto la versione che ne ha data Einstein, perché nessuno può sospettare che fosse un negatore della ragione: questa persona, capace di usare la ragione in modo così sottile per scoprire misteri profondissimi della natura, ha scritto molto sulla passionalità nello studio e nella ricerca: "La conoscenza della verità é di per sé meravigliosa, ma la sua capacità di guida é così modesta che essa non può fornire giustificazione e valore neppure alla stessa aspirazione alla conoscenza della verità. Ci troviamo qui di fronte ai limiti della concezione puramente razionale della nostra esistenza. ... [I fini fondamentali] nascono non da una dimostrazione ma da una rivelazione, grazie alla mediazione di forti personalità. Si deve tentare non di giustificarli, ma piuttosto di sentirne la natura con semplicità e con chiarezza". "..la religiosità cosmica non può essere pienamente compresa da chi non la sente poiché non vi corrisponde nessuna idea di un dio antropomorfo.....
I geni religiosi di tutti i tempi risentono di questa religiosità cosmica che non conosce né dogmi, né Dei concepiti secondo ‘immagine dell’Uomo. Non vi é perciò nessuna chiesa che basi il suo insegnamento fondamentale sulla religiosità cosmica. Accade di conseguenza che é precisamente tra gli eretici di tutti i tempi che troviamo uomini penetrati di questa religiosità superiore e che furono considerati dai loro contemporanei più spesso come atei, ma sovente anche come santi. Sotto questo aspetto uomini come Democrito, Francesco d’Assisi e Spinoza possono stare l’uno vicino all’altro."Cosa sia una ‘religiosità cosmica’ potete subito intendere se appena ricordate "fratello sole e sorella acqua" del Cantico delle creature di Francesco, o L’infinito di Leopardi Dunque vedete che un uomo considerato campione della razionalità scientifica usa espressioni che lo avvicinano singolarmente al linguaggio dei mistici; e dice di se stesso in altri brani che le persone che sente più vicine a sé sono proprio quegli uomini che in campi diversi hanno avuto una "religiosità cosmica" (nei testiscolastici un simile modo di vedere viene spesso etichettato come panteista); anche se un talemodo di vedere sta al confine tra l’eresia e la santità (il maestro Eckhart citato, poco é mancatoche fosse dichiarato eretico; di Francesco d’Assisi non può dirsi che fosse gradito alla Chiesa del suo tempo). Dunque tra l’elaborazione scientifica, la razionalità ed i sentimenti non c’è il contrasto che troppo spesso anche nei vostri libri di testo viene affermato, ma c’è una stretta ed indispensabile collaborazione.Lo stato dello scienziato che ricerca somiglia a quello dei religiosi o degli amanti, ciò che rende capaci di sostenere uno sforzo prolungato, di non arrendersi di fronte alle difficoltà o agli allettamenti, é uno "stato sentimentale" che é indicibile, non può essere descritto con le parole, come non può essere descritta l’estasi o la meraviglia: "il desiderio ardente di una visione di questa armonia prestabilita é la fonte della perseveranza e della pazienza inesauribile con la quale vediamo Planck (un altro grande scienziato che si é dedicato a problemi fondamentali per la fisica di oggi N.d.r.) dedicarsi ai problemi più generali della nostra scienza senza lasciarsi distogliere da mete più facilmente raggiungibili e più utilitarie. Ho sentito dire che alcuni colleghi attribuivano questo modo di agire a una energia e ad una disciplina straordinarie. Credo che abbiano del tutto torto. Lo stato sentimentale che rende idoneo a simili azioni assomiglia a quello dei religiosi o degli amanti: lo sforzo giornaliero non deriva da un calcolo o da un programma, ma da un bisogno immediato". "Per me non c’è dubbio che il nostro pensiero proceda in massima parte senza far uso di segni (parole) e assai spesso inconsapevolmente. Come può accadere altrimenti, che noi ci meravigliamo di certe esperienze in modo così spontaneo?Questa meraviglia si manifesta quando una esperienza entra in conflitto con un mondo di concetti già sufficientemente stabile in noi. Ogni qualvolta sperimentiamo in modo aspro ed intenso un simile conflitto, il nostro mondo intellettuale reagisce in modo decisivo. Lo sviluppo di questo mondo intellettuale é in certo senso una continua fuga dalla meraviglia." Anche qui per farvi capire che non sto parlando di cose tanto ‘esclusive’ vorre ricordarvi che nei nostri presepi, tra venditori di pesci e corone di salcicce esposte dal macellaio, c’é un personaggio che viene chiamato ‘il pastore della meraviglia’, in genere raffigurato in una posa ‘estatica’, che rappresenta appunto l’uomo semplice che si meraviglia di fronte a fenomeni insoliti e straordinari. Dunque la condizione di meraviglia, di contemplazione del mondo, l’uscita da sé, non rappresenta l’abbandonarsi all’irrazionale, ma un momento importante per poter conoscere. Un momento che però é esclusivamente mio, e fa in modo che anche le ‘verità universali’, mi appartengano in modo esclusivo. Non c’è quindi gerarchia di conoscenze, ma un movimento unico tra forme di conoscenza diverse.Viceversa fin dall’antichità c’è stata una tendenza a separare i diversi modi di conoscere in un ordine gerarchico che separava anche gli uomini secondo che appartenessero al popolo ignorante, alla folla che segue le ‘opinioni’ o agli eletti che sanno seguire la ragione:
"Il sogno é la conoscenza di qualche cosa che so soltanto io, l’immaginazione e simili sono appunto sogni. Similmente il sentimento é il modo per cui qualche cosa é soltanto per me, e che io ho in me come oggetto particolare; per quanto i sentimenti siano elevati, quello che io sento é essenzialmente per me, come individuo, invece la verità (colta dalla ragione) l’oggetto non é immaginario, fatto oggetto soltanto da me, ma in sé universale. ( Hegel a proposito di Eraclito). Lo stesso Hegel nella sua filosofia afferma che nella conoscenza c’è una fase di ‘alienazione’ del soggetto nell’oggetto di conoscenza, e senza questa fase non é possibile conoscere. Lo stato di alienazione, confusione con l’altro, di passione, di percezione extrasensoriale che si realizza nei momenti di "conoscenza partecipata" si ritrova tal quale nelle fasi di sviluppo infantile, quando il pensiero ha un carattere magico, quando il bambino non distingue nettamente se stesso dalla madre, quando i suoi desideri sono realtà, quando crede alla onnipotenza del proprio pensiero.
Sogni e desideri
Dunque la condizione di meraviglia, di contemplazione del mondo, l’uscita da sé, non rappresenta l’abbandonarsi all’irrazionale, ma un momento importante per poter conoscere. Un momento che però é esclusivamente mio, e fa in modo che anche le ‘verità universali’, mi appartengano in modo esclusivo. Non c’è quindi gerarchia di conoscenze, ma un movimento unico tra forme di conoscenza diverse.Viceversa fin dall’antichità c’è stata una tendenza a separare i diversi modi di conoscere in un ordine gerarchico che separava anche gli uomini secondo che appartenessero al popolo ignorante, alla folla che segue le ‘opinioni’ "In popoli primitivi e in alcune patologie mentali si é notata una partecipazione alla realtà analoga a quella dell'infantile pensare per complessi." (Vigotskj, studioso russo considerato un precursore delle attuali teorie pedagogiche)E’ questo il periodo in cui le impressioni che provengono dal mondo esterno si incidono più vivamente nella esperienza del bambino, e per tutta la vita, le conoscenze impresse in questo modo generano una sorta di nostalgia per un paradiso perduto. Le favole cominciano sempre con ‘c’era una volta in un tempo lontano e in un paese lontano ...’ e senza essere più precise rievocano il tempo in cui i desideri si realizzavano, e c’è una favola che comincia proprio in questo modo: c’era una volta, al tempo in cui i desideri si realizzavano.....
La città è la gente
L’età in cui avvengono queste cose, viene cancellata dalla memoria consapevole con la cosiddetta amnesia infantile , ma quel periodo di imprinting (nel linguaggio dell’etologia l’imprinting é la fase in cui gli animali imparano a riconoscere la propria specie ed il proprio gruppo parentale) lascia tracce indelebili che ci spingono a investire continuamente nuovi "oggetti del desiderio", del bisogno di ritrovare il paradisoperduto. Uno di questi oggetti, particolarmente importante, é la città intesa come madre infinitamente generosa.Non dobbiamo pensare alla città nei suoi aspetti materiali: Non sono le case di bei tetti né le pietre di mura ben costruite, né i canali o i cantieri navali che fanno la città bensì gli uomini capaci di usare le occasioni che si offrono loro. (Aristide il giusto) Sono gli uomini che fanno la città, non le sue mura o la sua flotta. (Tucidide) La città é la gente. (W. Shakespeare) " "Persino la città con l'assetto politico più illiberale, persino la città che offre le condizioni di vita più degradate consente comunque quell'esperienza tutta particolare che é l'esperienza urbana, che deriva dal semplice fatto di far parte di una moltitudine di persone che vivono a stretto contatto. Per ciò che riguarda l'esperienza urbana i dati oggettivi contano poco a confronto delle immagini che soggettivamente ce ne facciamo; e le nostre immagini della vita urbana derivano in larga misura da fonti letterarie ...il grembo può essere vissuto come luogo di perfetta beatitudine o viceversa come qualcosa di frustrante che ha cercato di liberarsi di noi spingendoci in un mondo ostile, ......
.i sentimenti che il bambino nutre nei confronti del primo luogo in cui si trova a vivere sono quelli che tenderà a proiettare su tutti i successivi luoghi di residenza." (Bruno Bettelehim: La Vienna di Freud; La percezione della città da parte del bambino, pag 147 e seguenti - Feltrinelli 1990)
La città vista come luogo di ricche relazioni umane é un ambiente materno, una ambiente fecondo, che può apparirci come madre generosa o matrigna. Ma anche se ne abbiamo fatto una esperienza negativa la nostalgia di un tempo felice ci fa immaginare che comunque esista un paese generoso con noi: il Paese di Ben-godi, la Città dei Balocchi, la Terra dei desideri, il paese della Cuccagna, La città di Dio, il paese di Utopia, la Società perfetta dove si possa ritrovare l’armonia. Queste fantasie, spesso inconsce, hanno un ruolo potente nel motivarci ad esplorare ambienti nuovi, a viaggiare col corpo e con la mente, a cercare di andare oltre i confini di ciò che ci é già noto. In questo senso la città é un luogo del desiderio, dell’avventura possibile, della libera sperimentazione di sé, perché attraverso il vivere sociale noi cerchiamo di realizzare alcuni dei nostri più profondi desideri.
La scuola
Tumulto delle passioni, sovrapposizione di desideri, aspirazioni utopiche, urgenze pratiche, desiderio di conoscere, voglia di naufragare nell’infinito del creato, intense trasformazioni biologiche: tutto questo si agita nei giovani che frequentano le scuole tra gli 11-12 ed i 18-20 anni: Si tratta di esperienze uniche ed irripetibili in cui nessun altro può entrare: se la verità astratta é unica, universale ed oggettiva, la strada per arrivarci, per esserne padrone é solo mia. I grandi, gli insegnanti,semplicemente possono aiutare i giovani a riconoscere sentimenti e passioni, possono soprattutto accompagnarli, prestare appoggio in un viaggio che appare pieno di rischi e di pericoli. Ha senso che una persona di età matura possa avere un dialogo con i ragazzi, che possa parlare di estasi, passioni, grandi amori, non per civettare con loro, non per invadere una età della vita che non gli appartiene più, ma per incoraggiare chi sta percorrendo una strada difficile e dimostrare, con la propria presenza e le proprie conoscenze, che vale la pena impegnarsi.Sono quindi arrivato al punto più strettamente scolastico: é possibile apprendere per un giovane se nella scuola si sanno creare quelle condizioni per cui si genera la passione per la conoscenza, e questo può avvenire solo se la scuola riesce ad entrare in contatto con la zona nebulosa dei sentimenti personali, della crescita della identità individuale. Quando voi sentite parlare di accoglienza dovreste pensare a questo, ad una capacità dei docenti di capire i percorsi dei vostri desideri e delle vostre passioni e quindi alla una capacità dei docenti di capire i percorsi dei vostri desideri e delle vostre passioni e quindi alla capacità di mettere in contatto il vostro personale percorsocon i percorsi delle ‘verità universali’, anche quando esse siano ridotte e frantumate dentro le discipline scolastiche. Bisognerebbe pensare ad una formazione che é innanzi tutto per sé, connotata dalle proprie passioni, e solo in seconda istanza connotata dalle esigenze sociali e produttive. Ora voi dovete sapere che i vostri insegnanti non sono preparati per svolgere questo lavoro, che sono stati lungamente addestrati a trasmettere le verità universali, ma non hanno nessuna esperienza delle vostre verità soggettive e che non c’é nessuna università che può insegnargliele. In un certo dovete essere voi gli istruttori dei vostri insegnanti. Ciò che bisogna pretendere dalla scuola e dagli insegnanti é che siano create le condizioni perché questo insegnamento reciproco sia possibile, mantenendo la distinzione di ruoli e di posizioni: Alcune iniziative come quelle che vengono presentate in questo convegno, sono tra quelle che creano un rapporto diverso tra allievi ed insegnanti, situazioni in cui la conoscenza diventa circolare. Il problema é generalizzare questo modo di procedere e portarlo anche nello studio delle discipline: dallo studio della letteratura a quello della ragioneria o delle tecniche agrarie. L’espressione che si usa oggi per definire le condizioni per l’apprendimento é quella del "contratto formativo" che evidenzia bene la reciprocità del rapporto docenti-allievi, in contrasto con un rapporto unilaterale che procede solo dal docente verso l’allievo (‘ncuoll’e criature, come si esprimevano i miei scolari di Barra).Il brano che segue é tratto da un conferenza di Guido Armellini, un insegnante che apprende dai propri allievi, ecco come: Un biennio ITIS: avevo dato un tema; assai cretino, come spesso succede; "Una persona molto importante nella tua vita". Una ragazzina lo svolge così: che la persona più importante della sua vita era Renato Zero. La cosa interessante era che questo tema era un tema molto bello: dentro le canzoni di Renato Zero questa ragazzina vedeva cose che mai io avrei visto.Chi ha ragione: io o lei? Diciamo che ha ragione lei: questo vuol dire che i prodotti della cultura giovanile sono prodotti complessi, specialmente se non li consideriamo come oggetti linguistici, ma come oggetti culturali, attorno a cui si condensano attese, desideri, aspettative. E' un mondo complesso che esercita la sua funzione modellizzante: per Vermetti Ernesto (altro allievo già citato) Vasco Rossi esercita la stessa funzione che svolgeva su di me Rimbaud, perché Pazzaglia (un famoso docente di letteratura italiana) Rimbaud non ce lo leggeva, e io me lo scoprivo come cosa privata mia.L’obiettivo del ‘successo formativo’ di cui cerco di occuparmi sta proprio in questo, nell’affrontare insieme due problemi: motivare all’apprendimento, fornire l’incentivo per sopportare la fatica dello studio e contemporaneamente fare in modo che qualsiasi apprendimento non sia ‘per la scuola’ ma sia "per sé" perché solo in questo modo i giovani possono sentire la scuola come un luogo proprio e non come pedaggio da pagare per poter entrare nei ruoli adulti in un giorno che si allontana sempre di più dal fiore della età giovanile.IL LIBRO E ritorno ai libri: di tutte le cose che si insegnano a scuola quella più importante di tutte é la lettura, e per lettura intendo la possibilità di accedere all’esperienza e alla conoscenza di altri uomini che in tutti tempi hanno sentito le nostre stesse passioni, hanno affrontato i nostri stessi problemi. Chiamiamo convenzionalmente questi libri "i grandi libri", quelli in cui é depositata in una forma che sfida i tempi l’esperienza umana e la sua saggezza. Un tempo c’era una collezione ben definita di libri che valeva la pena conoscere senz’altro perché erano quelli che entravano in contatto con l’animo dei giovani nei momenti in cui il loro sentire è più vicino all'ispiraxione generale dell'opera letteraria: : l’Iliade, l’Odissea, la Commedia, (meno presente nella cultura italiana la Bibbia) etc.. Questi libri costituivano un "canone formativo" attraverso cui passavano tutti i giovani, e ciascuno, se riusciva a superare la barriera di una presentazione troppo scolastica, trovava in questi libri parti importanti di se stesso, riusciva a ritrovare i propri sentimenti e rielaborali. Ma anche libri meno speciali di quelli citati possono acquistare un significato importante nello sviluppo di una persona: Nell'articolo "I libri importanti della mia vita" Bettelheim spiega come esistano dei libri speciali per ciascuno di noi, che non sono necessariamente i capolavori, l'incontro con i quali fa scattare in noi lo "shock del riconoscimento", perché illumina improvvisamente un problema di vita che ci aveva assorbiti, magari ossessivamente, senza che riuscissimo a dargli un nome. Da questo punto di vista "i libri rimangono in attesa che noi siamo pronti" per l'incontro. Ma anche aldilà di questi incontri speciali, l'intero corpo delle forme d'arte sta "in attesa" di rispondere alle infinite domande dell'esistenza, che si riassumono tutte nella necessità di trovare un significato alla nostra vita. Oggi il riferimento ad un unico ‘canone’ un po’ più confuso, sappiamo però che esistono grandi libri che possono essere anche grandi amori, che possiamo immergerci in un libro fino a raggiungere una confusione totale con le parole che vi sono contenute e diventare partecipi di esperienze straordinarie. I libri possono accoglierti e capire i tuoi sentimenti in un modo che è difficile trovare nelle relazioni umane reali.Nei libri é decisiva la scrittura, se essa sia in grado di rapirvi, di produrre uno stadio estatico, un vuoto che consente che entri dentro di voi il pensiero di chi scrive, oppure se la scrittura è tale che voi manteniate le distanze, che non vi affascini. Quando un libro é entrato in voi, anche se non siete in grado di dire cosa vi ha lasciato, quel libro resta in attesa. Se il libro deve creare passione, evocare sentimenti non può essere ‘spiegato’: ecco perché troppo spesso lo studio scolastico minuzioso finisce per danneggiare i buoni libri, perché rompe l’incanto della parola ben organizzata. Il suggerimento che vi do é quindi innanzi tutto di leggere per voi, di lasciarvi prendere dalla passione indipendentemente dai compiti scolastici e solo dopo potrete trovare interessante e appassionante capire come ha fatto l’autore ad affascinarvi, a trasmettervi ciò che in prima approssimazione avete sentito ma non compreso. In questo senso il libro può essere un luogo dell'estasi, un luogo in cui, attraverso l’incanto della parola, possiamo essere rapiti attraverso un contatto ‘viso a viso’ in esperienze straordinarie.
Per ogni cosa c'è il suo momento
Per concludere vorrei riassumere quello che ho detto:Intanto voglio farvi notare l’eterogeneità degli autori che ho citato, e anche il fatto che difficilmente a scuola si leggono gli scritti o gli autori che qui sono citati, perché non rientrano nelle categorie letterarie prestabilite, e forse io stesso non li avrei ripresi se non ci fosse stata la necessità di ritrovare i significati antichi di una parola tanto impegnativa. Ma questo é anche l’esempio di ciò che bisognerebbe fare ogni giorno: l’insegnante con le sue più vaste conoscenze, e con la propria esperienza dovrebbe continuamente reperire ed offrire a ciascuno studente il materiale più adatto alla crescita personale;In secondo luogo ho cercato di mettere in connessione i quattro sostantivi contenuti nel titolo: perché la scuola e l’apprendimento abbiano un senso bisogna riconoscere che i sentimenti e le passioni sono all’origine, che bisogna in certo senso produrre uno stato di estasi, se no la verità da sola non crea motivazione; allo stesso modo i desideri hanno un ruolo importante per muoverci a ritrovare uno stato di armonia e di benessere che ci siamo lasciati per sempre alle spalle uscendo dall’infanzia e che ricerchiamo disperatamente nell’armonia sociale rappresentata simbolicamente dalla città. I grandi libri della sapienza umana possono aiutarci a trovare la nostra personalissima ed irripetibile strada verso la conoscenza più universale attraverso il fascino della parola ed il rapimento estatico.
Educarsi, secondo quanto ho cercato di dirvi, non significa apprendere delle materie, ma sviluppare la propria identità nello scambio continuo tra sentimenti, relazioni, conoscenze, senza che nessuno di questi momenti possa essere relegato in secondo piano, senza che nessuno possa arrogarsi il ruolo di protagonista unico: per ogni cosa c’è il suo tempo, e noi dobbiamo accettare ogni parte di noi stessi senza amputarne nessuna :
Per ogni cosa c’è il suo momento,
il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare il piantato.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire.
Un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierne
Un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttare via.
Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per odiare e un tempo per amare, un tempo per la pace e un tempo per la guerra.
Che vantaggio ha chi si da da fare con fatica?
(Qoèlet, libro della BIBBIA 3,1-9) |