Promuovere la cittadinanza dei giovani
Se l’apprendimento non è un semplice passaggio di informazioni tra persone che condividono gli stessi modi di vita e di pensiero, allora è necessariamente l’incontro tra due realtà diverse, tra due culture antropologiche, ossia modi di vivere, di palare,di rappresentarsi, di pensare diversi. La cittadinanza non può essere semplicemente l’inclusione dei nuovi arrivati dentro le regole e la cultura esistente, ma è necessariamente una riorganizzazione della cittadinanza, un riscrivere il contratto sociale con nuovi e diversi interlocutori tenendo conto del punto di vista di ciascuno, tenendo conto di nuovi punti di vista. La cittadinanza non la si insegna ma la si apprende assieme, anzi la si costruisce assieme. Sappiamo che la relazione con i giovani è asimmetrica. Che siamo noi la parte più forte e che tocca a noi ascoltare. Il primo punto di una scuola di cittadinanza è l’ascolto attivo, un ascolto in cui si prede sempre in considerazione il punto di vista dell’altro, in cui si supera il modello della disputa dialettica che si conclude con la demolizione delle argomentazioni dell’avversario. Qui invece si cerca di capire le ragioni dell'altro per condividerle ed accoglierle.
L’arte gentile dell’ascolto
Nella nostra società multiculturale saper ascoltare nella conflittualità, saper accogliere il punto di vista dell’altro senza rinunciare al proprio, è una competenza utile a tutti, ma assolutamente vitale nella scuola. Narrazione interculturale e umorismo hanno in comune quell’effetto di spiazzamento che apre alla comprensione e al colloquio. All'interno del libro Buone notizie dalla scuola, viene portato l’esempio standard del conflitto: se una persona mi dà un pugno e io rispondo dando a mia volta un pugno, a livello del comportamento mi oppongo, a livello della relazione collaboro, perché dandomi il pugno mi invita alla lotta e io collaboro alla lotta. Quindi il conflitto è il momento della verità del modo in cui le persone costruiscono le cornici del senso reciproco.
Ecco, un allenamento all’ascolto attivo: saper accogliere il punto di vista dell’altro anche se è opposto al nostro, senza rinunciare al nostro. Tutte queste situazioni richiedono una messa in discussione della relazione, non tanto dei comportamenti, perché attraverso la relazione poi anche i comportamenti cambiano.
Agli inizi della scuola di massa ciascuno studente era socialmente identificato come il figlio del mugnaio, del dottore, del professionista; la possibilità di dimenticare questa provenienza era un passo verso l'uguaglianza. Oggi ciò conta molto meno, non si è più indicate a vista, al limite si viene additati per il fatto di abitare in periferia, in quartieri disagiati, oppure al centro. E il problema, non solo dei giovani, è diventato quello di affermare il proprio protagonismo. E a questo la scuola deve assolutamente collaborare. Pertanto non si può più impartire nozioni di grammatica o matematica senza contemporaneamente affrontare anche il problema del riconoscimento e del rispetto, che non è affatto un problema solo nei rapporti interetnici. Questo vuol dire che se io devo raccontare cosa succede nelle scuole non basta che racconti cosa succede normalmente, ma occorre raccogliere una casistica di incidenti, situazioni di conflittualità, sia nella quotidianità della classe sia all’interno della scuola.
Nella scuola, l'arte gentile dell'ascolto può essere appresa e praticata attraverso una formazione sistematica degli insegnanti e degli studenti ad accogliere matrici percettive e valutative diverse e altre, a imparare l’ascolto attivo e la gestione creativa dei conflitti.
La differenza tra insegnanti che riescono a mantenere un clima civile in classe, a 'gestire gli scalmanati', dipende sovente dalla loro abilità di gestire il conflitto.
Antropologia criminale e lavoro educativo
Il contatto quotidiano con il crimine è uno dei problemi specifici da affrontare nelle periferie napoletane. Troppi docenti guardano al problema secondo stereotipi e intervengono in modo predicatorio. Praticare l’ascolto e l’osservazione in questi territori fa scoprire possibilità educative insospettate
Camorra - La trasmissione delle regole di appartenenza
Uno dei momenti di passaggio all’età adulta è assumere capacità di protezione e difesa che fino a quel momento sono state degli adulti superando prove di coraggio, dimostrando capacità di dedizione e di altruismo. È come se l’adolescente, lasciata la casa avita per sperimentare in proprio i pericoli del mondo, vi facesse ritorno dimostrando di poter essere il nuovo padrone di casa. Nella favola di Hansel e Gretel questa nuova capacità dei giovani viene simboleggiata dalle tasche piene dei gioielli sottratti allo scrigno della strega: i bambini ritornano alla casa del padre che era stato incapace di nutrirli dotati dei mezzi per vivere e per essere i nuovi padroni di casa.
Generalmente è questa la situazione in cui il conflitto con i genitori diventa acuto: i figli spodestano i padri o i padri attaccano preventivamente i figli: è il momento in cui Edipo uccide Laio, in cui i figli di Crono spodestano il padre.
In una situazione di pericolo incombente in cui le capacità di difesa e protezione del genitore sono messe a dura prova accade che il giovane ricerchi vagamente un padre sostitutivo in grado di fornire la protezione che non fornisce il genitore. È forse il caso di quei ragazzi di famiglie duramente emarginate che sono reclutati e affiliati da “ladri di bambini” che soddisfano il loro desiderio di assumere ruoli adulti coinvolgendoli in attività criminali. I ragazzi molto soli organizzano la cura di animali randagi come se, proteggendo i più deboli, trovassero uno scenario di competizione loro vantaggioso verso il proprio dissestato contesto familiare. A San Giovanni a Teduccio ed in altri quartieri periferici anche questo è diventato un modo di reclutamento: si affida ai ragazzi “abbandonati” la cura degli animali della camorra (cani o cavalli).
Se la famiglia è sufficientemente strutturata c’è una competizione cooperativa in cui i giovani cercano di dimostrare, cooperando alla difesa comune, di essere migliori del padre.
Quando il genitore resta ucciso nel corso della guerra i giovani che stavano tentando di affiancarsi al padre sentono di essere stati inadeguati, e questo rinforza il senso di colpa originato dal desiderio di prendere il posto del genitore: è come se il nemico avesse realizzato gli inconsci desideri del giovane. In questo modo i giovani resi orfani dalle guerre di camorra sviluppano un attaccamento postumo a genitori in precedenza apertamente rimproverati, e l'idealizzazione progressiva della loro figura non rappresenta altro che la crescita del loro senso di colpa, fino alla coazione a ripetere le gesta che hanno condotto a morte il genitore. (continua)
Camorra - Distorsioni della relazione di cura.
In M. come nei ragazzi che si occupano di animali è presente l’elemento della cura e della solidarietà come passaggio significativo nel processo di arruolamento. I primi incontri con il delinquente che lo ha arruolato avvengono perché questi è agli arresti domiciliari, solo e bisognoso di aiuto. M. addirittura insegna al figlio piccolo del camorrista alcuni rudimenti di informatica.
Nel comportamento del delinquente riconosco un meccanismo infantile che ho incontrato spesso nei miei allievi più piccoli e che fa parte del repertorio etologico dei primati: mettersi in pericolo, mostrarsi bisognosi di aiuto per provocare l’intervento di cura e protezione da parte dei congiunti o dei commilitoni. La potrei chiamare sindrome allarmistica “al lupo, al lupo” (titolo di un raccontino edificante che narra di un ragazzo che si divertiva a gridare al lupo per far accorrere inutilmente gli adulti, finché quando il lupo ci fu davvero nessuno gli credette) che sfrutta l’umana sensibilità alle grida di dolore, i moti spontanei di pietà verso chi soffre.
Lo stesso comportamento è presente nei riti di corteggiamento, soprattutto nei maschi: da un lato occorre mostrarsi virili, capaci di proteggere e difendere la sposa e la futura prole, dall’altro ci si mostra deboli e sofferenti per stimolare le risposte di cura nella femmina. Negli ambienti criminali i rituali di seduzione delle giovani ragazze, cui collaborano attivamente le suocere, prevedono di coinvolgere le ragazze nel ruolo di infermiere-amanti-madri; la convivenza di queste nella casa della madre del giovane – in quanto è la suocera a iniziarla alle regole della cura per il marito-padrone – viene esplicitamente proposto come tirocinio e comprende anche il “fare i servizi” alla suocera. Se il candidato è agli arresti domiciliari la situazione è ideale per sperimentare contemporaneamente capacità di dedizione e cura, disponibilità sessuale, subordinazione alle regole della casa.
Le capacità di cura e di dedizione femminile devono essere particolarmente forti in quanto devono consentire di superare i periodi di vedovanza bianca durante le carcerazioni ed infine andare oltre la morte stessa. Il culto dei morti così presente nella vita quotidiana delle nostre ragazze rappresenta il terreno di confronto competitivo tra madre e figlia, suocera e nuora: la competizione per sedurre il maschio dominante si realizza esibendo migliori capacità di dedizione a lui. La teatralità delle manifestazioni di dolore e di lutto sono quindi parte essenziale di tale esibizione.
Si noti in tali comportamenti una realizzazione sul piano simbolico dell’usanza di seppellire la vedova insieme all’estinto, un seppellire la propria femminilità come dovere sociale nei confronti dell’estinto. Questo dovere può estendersi alle figlie. Di fronte all’uccisione del genitore, mentre alcuni maschi vogliono armarsi, alcune ragazze hanno dichiarato la propria disponibilità a morire affianco al genitore superstite
Le stesse gravidanze precoci, quando siano esplicitamente e tenacemente ricercate, possono essere lette nel quadro di una esibizione delle proprie capacità di generazione e cura, nel quadro della competizione con la madre e con la suocera.
In conclusione, occorre sottolienare che l’errore che non dobbiamo commettere è quello di trasferire sui sentimenti positivi e sulle persone lo stigma del rifiuto e della presa di distanza. Noi possiamo allearci con i sentimenti e le emozioni positive e trovare modi socialmente produttivi per esercitare solidarietà e cura. |