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Il cuore dei mostri
Patologie della vita violenta

Premessa: il cuore dei mostri 

“Fratello, ricordati che devi morire” ci insegna la chiesa cattolica. Il catechismo non scritto dei mafiosi suggerisce qualcosa di analogo il rischio costante della morte, lo scarso valore attribuito alla vita altrui, ma anche alla propria, li costringono a vivere in uno stato di perenne allerta. Spesso ci stupiamo della quantità incredibile di dettagli che popolano la memoria della gente di cosa Nostra. Ma quando si vive come loro in attesa del peggio si é costretti a raccogliere anche le briciole. Niente é inutile. Niente é frutto del caso. La certezza della morte vicina, tra un attimo, tra una settimana, un anno, pervade del senso di precarietà ogni istante della loro vita (Falcone pag. 52)
Tutto é messaggio, tutto é carico di significato nel mondo di Cosa Nostra non esistono particolari trascurabili. E’ un esercizio affascinante che esige tuttavia un attenzione sempre vigile (pag 51)
Si può scorgere qualcosa di patologico in questo scambio di cerimonie, in questo attaccamento ai dettagli. Ma chi vive a contatto con il pericolo ha bisogno di comprendere il significato degli indizi apparentemente più irrilevanti, di interpretarli mediante un’opera costante di decodificazione. E questo vale per chiunque, poliziotto, magistrato, criminale. (Falcone pag. 52)
…nel cadavere dell’odierno mafioso si trovano i segni di uno stress prolungato; nei vetrini in cui sono fissati questi tessuti ci sono le modificazioni croniche tipiche dello stress. Cominciano dall’ipofisi, coinvolgono la tiroide, la corteccia della ghiandola surrenale. Spesso ho visto in uomini di trent’anni i segni della sclerosi coronarica, premonitori di una ischemia o di un infarto…per me sono dati significativi: il morto viveva nella paura. Nella letteratura medica sono segni conosciuti; li si è trovati in soldati morti in guerra, nelle popolazioni civili che abitavano in zone di bombardamento.
“Vede quel corredo di segni che ho descritto dipinge un quadro noto, di aumento del tono aggressivo. In breve significa che questa persona reagisce in maniera abnorme. Stimoli che in una persona normale non supererebbero la soglia per produrre una reazione, in queste persone possono scatenare meccanismi impensati........ molte genialità artistiche o scientifiche nascono da questo stato. Ma la risoluzione positiva di questa condizione dipende in genere dal livello culturale della  persona, dalla sua capacità di indirizzare la propria aggressività, di controllarla. E questo purtroppo avviene raramente. Queste persone difficilmente riescono a convivere tranquillamente con una tale tempesta di ormoni”
(da un’intervista al prof Aragona, istituto di medicina legale di Messina;
in: Enrico Deaglio -  “Raccolto Rosso Feltrinelli 1993)Infanzia e morte di due mostri

Enuresi notturna.


Pisciare nel letto. Forse i più sanno che si tratta di un fenomeno a base psicologica: una regressione connessa alla nascita del fratellino, una richiesta di attenzione ad un genitore che per qualche motivo è meno disponibile del solito.
Pochi ricordano che i rilascio degli sfinteri rappresenta una delle manifestazioni fisiologiche della paura. Nella lingua popolare esistono numerose espressioni che ricordano il nesso tra  rilascio degli sfinteri e paura: farsela sotto dalla paura riferito sia all’urina che alle feci; ma anche ‘fare il giallo’ una forma di itterizia dovuta a forte spavento; fare i vermi che si riferisce alla possibilità che in seguito ad un forte spavento e a un blocco della digestione, il cibo invece di essere digerito entri in putrefazione e produca quindi anche vermi.
Nei miei primi anni di insegnamento ho scoperto che in quinta, quasi tutti i maschi soffrivano di enuresi notturna. Quando ne ho parlato con le famiglie quasi tutti mi riferivano che stavano facendo o volevano fare analisi , addirittura ‘i raggi’ per scoprire le cause di questa malattia. Spesso facevo qualche domanda per mostrare alla signora che forse non si trattava di una malattia ma di una reazione inconsapevole a situazioni di stress e preoccupazione.


Infanzia di un killer: Aniello piscia nel letto…..


Vivere in un ambiente e in una famiglia criminale significa essere esposti in permanenza a rischi gravissimi. I bambini sentono il pericolo in modo amplificato perché dipendono dagli adulti: vedere portare via il nonno e gli zii, vedere cadere sotto il piombo ‘il compagno di papà’, vedere i genitori  intenti più ad organizzare le loro attività criminali che non a occuparsi di loro, vedere la madre ‘sbagliare’ un matrimonio dietro l’altro, provoca una angoscia insostenibile fino alla tentazione del suicidio.
Aldo e Aniello non possono concedersi debolezze, lo sanno e ancora di più lo sa la madre che li educa in funzione della vita che stanno conducendo e che condurranno da grandi.
Aniello é già stato bocciato in prima per assenteismo. Poi i due hanno cambiato scuola: in seconda hanno frequentato quasi la metà dei giorni solo perché tra interventi personali del maestro e interventi del giudice tutelare si é riusciti a riportarli a scuola.. Tuttavia la loro frequenza non supera mai i tre giorni consecutivi, ed é praticamente impossibile sviluppare un qualsiasi insegnamento. In terza i bambini hanno frequentato solo per sessanta giorni e in quarta solo due giorni.
La scuola può mettere in pericolo la coesione familiare, o meglio il sistema di comando al suo interno. Il fatto che il bambino abbia pronunciato una volta la frase: «Devo andare a scuola se no il maestro mi sgrida» ha messo in allarme la signora, che ha cominciato a controllare i compiti dei figli, non perché li eseguissero correttamente, ma per evitare che compromettessero in qualche modo il suo comando.
L'otto marzo si svolge una conversazione in classe sul fatto che le madri di S. Giovanni lavorano troppo a causa della scarsità del reddito familiare e dei  servizi pubblici. Sul significato di questa conversazione é stato chiesto ai bambini di esporre il proprio parere. La signora ritenendo che si volesse inquisire sul suo comportamento ha scritto nel quaderno in luogo dei bambini:
La mia famiglia é molto bella e sono molto felice. La mia famiglia mi vuole bene ed io sono orgoglioso di avere una famiglia così.       (9 marzo 1986)
Non solo questi bambini vivono situazioni pericolose come e più dei loro compagni, ma sanno che in nessun caso possono fare appello ad un soccorso esterno, possono solo spingere fino all’estremo la condizione di pericolo nel tentativo di farsi soccorrere e di suscitare sentimenti di pietà nel genitore. Aldo svolge continuamente attività autolesionistiche sia in senso fisico che psichico: il suo dito indice é deformato da una mostruosa callosità derivante dal continuo mordersi; nelle attività intellettuali si impegna seriamente a sbagliare e a mettersi fuori gioco: fornire prestazioni così scadenti da escludere ogni competizione coi compagni e da scoraggiare il maestro dai tentativi di farlo migliorare. Il semplice impegnarsi nei confronti del maestro significa consumare un tradimento rispetto alla morale familistica. Ma soprattutto c’è in Aniello una tentazione al suicidio esplicitamente legata  alle incomprensioni materne:
*Un bambino si sveglia impaurito da un brutto sogno…
C'era un giovane col coltello che lo ha colpito nei fianchi e lui si é messo paura...  Ci stavano gli indiani che tiravano le pietre sui vetri, uscì la madre per picchiarli, ma si sbagliò e picchiò il figlio; poi il  figlio che aveva avuto lo zoccolo in testa  andò sulla «ferriata» (ringhiera del balcone N.d.R.)  e si buttò abbasso, e la mamma piangeva.
Padre e madre, soprattutto quando l’unione é precaria  si contendono figli e li usano per gestire i loro rapporti. Così un ‘incidente’ non si sa quanto involontario, diventa per il bambino l’occasione per saggiare gli «schieramenti» dei genitori, o il disinteresse di entrambi:
Il ladro .....il bambino va in cucina e si tira tutto addosso. .....Il padre era contento perché il bambino va da lui e non voleva stare con la madre, perché il padre gli dava  il soldo in mano
Bussarono alla porta e c'erano due giovani mascherati che lo portano in macchina verde e lo uccidono sull'autostrada
Il padre e la madre non se ne accorgono perché stanno in cucina con le altre persone.
Tocca ad Aldo rivelare che la paura di Aniello ha preso corpo in una tipica manifestazione infantile: l’enuresi notturna
*Un bambino si sveglia impaurito da un brutto sogno……
...la mamma voleva ucciderlo.... Aniello piscia nel letto perché si mette paura di andare nel bagno
Aniello si atteggia a prepotente e duro, in realtà é debole e fragile ma completamente dominato dal dovere di mostrarsi all'altezza dei comportamenti richiesti dalla madre. Di notte, il bambino ha ormai 9 anni, esprime compiutamente il suo bisogno di protezione facendo il bambino piccolo.

25 marzo 1991
A scuola di mio figlio viene distribuito a mo’ di volantino  un comunicato della Giunta Esecutiva della scuola  media .... . Vi sono riportati i nomi degli allievi sospesi  sulla base del R.D. N° 653 del 4 maggio 1925 e della  L.748 dell’11/10/77.
Il primo nome é quello di Aniello classe 1977 iscritto nella 1°F « sospeso fino al termine del corrente anno scolastico»; seguono poi i nomi di altri cinque sospesi per giorni che variano da 30 a 15.
Il proclama si conclude con queste parole:
«Si confida che questi provvedimenti adottati dopo aver attivato tutte le iniziative di recupero possibili, possano servire di ammonimento non solo a coloro che ne sono stati colpiti ma anche a quanti hanno contribuito, con il loro comportamento, a creare quel clima di disagio e di disordine che si era instaurato, negli ultimi tempi, nella nostra scuola».

Dicembre 1993
Dalle assistenti sociali, che hanno seguito come me tutta la storia di Aniello, ho la lieta notizia:  Aniello, 15 anni,  sta per diventare padre, la futura sposa ha 13 anni.

Maggio 1995
Aniello ha ucciso un uomo. E’ stato arrestato con la pistola ancora fumante. Dice chi lo conosce che si é trattato di un omicidio ‘di prova’: ha ucciso il fratello di un boss che vive protetto e nascosto. Forse si é trattato davvero di una ‘prova’ ma in altro senso: un omicidio permette uno scatto di carriera e di rango: una promozione che Aniello non riusciva a ottenere in altro modo, e, fin dalla prima infanzia, Aniello é stato spinto ad assumere un ruolo molto più grande di quello che era in grado di assumere. Anche in questo caso ha fatto il passo più lungo della gamba, é stato subito arrestato, e, si dice, il giorno lontano in cui uscirà di galera, non sarà di certo promosso. Per ora lascia una ‘vedova bianca’ di 15 anni ed un orfano di due anni.

Luglio 2003
Sto chiacchierando con Mario un mio allievo di oggi e il discorso cade sulle persone che conosco nella zona tra Vigliena e Pazzigno. I miei primi allievi di San Giovanni: così chiedo notizie di Aniello e Aldo. Mi dice che forse l’omicidio non lo ha fatto Aniello, ma che si sia solo prestato a farsi la galera al posto del vero omicida. Comunque è stato coinvolto nella guerra di camorra e qualche anno dopo è stato ucciso, per vendetta trasversale Aldo, che invece si era messo a lavorare e a fare una vita onesta.

La Paura che ho fatta

coreaHo utilizzato una serie di immagini per discutere con i bambini delle emozioni. Tra le tante immagini proposi quella del soldato americano in Corea che consola il commilitone.Anni dopo, alcuni ragazzi più grandi scrissero che era come se quel soldato cercasse il petto della madre, ma visto che gli uomini non hanno petto si limitava a imitare il gesto originario sul petto del compagno. Ma la mia sorpresa più grande fu che Marco come un fulmine a ciel sereno disse: io le ho viste le due macchine mentre sparavano.Come spesso in occasioni simili feci un piccolo commento di circostanza senza approfondire perché mi rendevo conto che era stato toccato un tasto doloroso, e fu il ragazzo stesso a completare il quadro. Nei giorni successivi utilizzando la discussione su quella immagine e sulle emozioni venne fuori la scena che risaliva a sei mesi addietro: Marco aveva assistito ad una delle più gravi stragi di camorra avvenuta a Barra: il suo balcone dava proprio sulla scena del delitto, ma lui come altri avevano avuto la proibizione assoluta di parlarne: il giorno dopo la scuola era deserta per la paura, Ma Marco normalmente era molto ciarliero anche su queste cose facendo parte di una famiglia abbastanza distante dagli ambienti camorristici. Marco non parlava perché aveva vergogna, perché si era rifugiato nelle braccia della madre e aveva avuto paura. Quando vide che anche i soldati possono piangere confessò senza neppure rendersene conto che lui aveva avuto una gran paura. In seguito ho ripreso l’argomento e ho cercato di farli riflettere che una emozione positiva può essere altrettanto forte di una negativa e che si può comunque convivere con le emozioni invece che cercare di nasconderle.Il compito sulla paura di Marco a me sembra un capolavoro di manifestazione di questa ambivalenza:Quando si ha paura il cuore batte forte, si alzano i capelli, gli occhi si fanno gialli, viene l’affanno, tremano le gambe, tremano i denti si la il pipì o la cacca addosso.La paura che ho fatta: é quando hanno ucciso quei quattro a Piazza Crocella: ho visto due macchine con le pistole fuori che si sparavano tutte e due le macchine, sono fuggito da mia mamma e mi ha fatto la camomilla. Mi tremavano le gambe e si sono alzati i capelli e sono andato nel bagno, mi é venuto l’affanno e mi tremavano i denti.Quando papà mi ha comprato la bicicletta ero molto contento ma non era come ho fatto quelle paure: il cuore sbatteva normale, le gambe non tremavano, i capelli non si alzavano e i denti non tremavano, gli occhi non erano gialli. E poi alla fine mi ha dato pure i soldi (Barra 6 maggio 1992, II elementare) Con questo esempio voglio solo dire che attraverso Marco ho imparato che i bambini parlano quando sentono accolti i loro sentimenti e le loro emozioni e non per rispondere alle nostre domande e curiosità più o meno legittime. Fabio sapeva che nella nostra classe ogni frase era accettata e che le frasi “strane” erano più divertenti di altre e servivano costruirci le storie. Così quando disse “ho visto quei due sparare”, nessuno di sognò di dirgli “ma questo che c’entra” o di intraprendere un serrato interrogatorio, anzi la sua frase fu il punto di partenza per il lavoro sulla emozioni.

 
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